Beni locali di interesse culturale
Cappella del Monte Kila
Con Decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia di Trieste del 27 gennaio 2009, la Cappella del Monte Chila, sita in Comune di Resia, località Uccea, è stata dichiarata di interesse culturale.
Di seguito si riporta la relazione storico artistica allegata al decreto medesimo:
RELAZIONE STORICO-ARTISTICA
Cappella del Monte Kila o Chila
RESIA (UD), località Uccea
La Cappella del Monte Kila o Chila - come storicamente individuato (G. Marinelli 1894; A. Longhino 2005) - si situa nel territorio del comune di Resia, in località di Uccea, tra i boschi a circa mezz'ora di cammino dalle vie di comunicazione secondarie della valle, caratterizzata da sempre come un luogo difficile per gli abitanti, che lì incominciarono ad insediarsi stabilmente intorno al XVIII secolo. Questo territorio impervio, lungo le falde scoscese dei monti Chila, Urazze, Banera e del Caal, è isolato, rispetto al resto della vallata principale di Resia, da un sistema montagnoso che non permette un'agevole comunicazione con i principali centri della Val Resia e in particolare, con Oseacco da dove proviene la popolazione che qui si è insediata e con la quale mantiene legami affettivi. Da sempre è caratterizzato dalla situazione economica di disagio, la popolazione poverissima, era formata da boscaioli e pastori.
La cappella votiva in argomento, fu edificata, come solitamente accadeva, in prossimità di una biforcazione del sentiero, che dagli stavoli di Gorinji Hlivac conduce al monte Kila, oggi identificato da segnavia CAI 732 e fino a non molti decenni fa agevole collegamento tra la Val Resia e la Valle Uccea. In Val Resia i luoghi di culto minori, diffusi su tutto il territorio, hanno sempre rivestito un ruolo di estrema importanza soprattutto nel passato quando era consuetudine lo sfruttamento dei boschi, lo sfalcio ed il pascolo anche nelle terre alte ed era necessario rivolgere una preghiera senza doversi necessariamente recare nelle chiese in fondo valle. Numerose sono infatti le strutture di devozione popolare e i segni di religiosità popolare sparsi nel corso dei secoli in punti particolarmente significativi del territorio montano. In tedesco vengono definite con il termine generico di Bildstocke e segnano un bivio o un percorso, indicano una sosta, sottolienano la propria credenza religiosa, esprimono la propria fede o semplicemente abbelliscono un sito con un motivo un segno sacro. Si tratta in genere di piccoli edifici ai quali è possibile accedere. Generalmente l'ingresso è protetto da una cancellata. L'interno ospita una sorta di altarolo, sul quale sono poste statuine, quadri sacri, vasi di fiori e piccoli oggetti votivi. Il tetto è solitamente a due falde.
In questo contesto storico e sociale che si inserisce l'edificazione nel 1874 della Cappella votiva sul Monte Kila, ad opera di Siega Giovanni fu Simeone Ikes di Oseacco.
Il sacello presenta dimensioni più ampie rispetto alle altre cappelle presenti lungo i sentieri della valle; è caratterizzato da una volumetria semplice, da un corpo a pianta rettangolare, con copertura a capanna, le pareti sono in pietra in parte a secco ed in parte composte con malta non originaria frutto di interventi di recupero e restauri successivi. Sebbene si presenti in condizioni di notevole degrado risulta leggibile la struttura originaria. L'ingresso posto nel prospetto ovest è preceduto da uno spazio antistante dove, verosimilmente in passato si trovava un cancello di protezione secondo la tipologia consueta delle cappelle votive. Il lavoro sud è marcato da una finestra ad arco tutto sesto con inferriata simmetrica, mentre sul prospetto nord si apre l'unica finestra ogivale. Si segnala la scritta C N 6 (?) sulla volta dell'ingresso. L'edificio ospitava all'interno di una nicchia una pregevole statua, impreziosita con abiti in tessuto, della Beata Vergine Maria che ora si conserva degnamente restaurata nella chiesa di Oseacco.
Durante la Prima Guerra Mondiale il Monte Kila fu dotato di apprestamenti difensivi serviti da una mulattiera ancora oggi ben visibile e la struttura fu usata per officiarvi, da parte del cappellano militare, le funzioni religiose durante il conflitto per i soldati ed i civili. L'ultimo rimaneggiamento, secondo gli informatori locali, risalirebbe al 1953 quando la zona fu nuovamente oggetto di interessi militari che, fortunatamente, non ebbero esito.
Secondo la tradizione orale (A. Longhino), la cappella era dedicata a Santa Barbara, Santa patrona dello stato militare in generale e dell'artiglieria in particolare ma anche dai minatori e dagli edili; è invocata per una buona morte dei feriti gravi ma anche per il tempo soprattutto per gli incendi dovuti a temporali così frequenti in montagna. Una volta l'anno veniva officiata la messa e gli abitanti degli stavoli di Klivatz vi si recavano per recitare il Rosario.
tutto ciò premesso e considerato si ritiene Cappella votiva sul Monte Kila meritevole di tutela non solo in quanto significativa testimonianza di edilizia sacra di devozione popolare, ma anche quale memoria storica del primo conflitto mondiale. Si rileva infine l'importanza della sua ubicazione all'interno del Parco delle Prealpi Giulie (istituito con Legge Regionale n. 42/96), il cui ente si pone lo scopo precipuo di diffondere la conoscenza, l'uso e soprattutto la conservazione di un territorio quale la Valle di Resia che costituisce quasi "un mondo a sè" all'interno della realtà friulana, una diversità degna di essere tutelata e conservata, tramandando al contempo l'agire umano nella pluralità delle sue forme storiche, le credenze, le tradizioni religiose e popolari, su cui si fonda la cultura dell'intera vallata.
Per questi motivi si ritiene che la Cappella del Monte Kila o Chila - anche quale espressione di una alterità identitaria in grado di creare bagaglio culturale vivo nella mente dei visitatori, inducendoli ad osservare in una prospettiva antropologica il persistere di culture arcaiche presso la popolazione odierna - rivesta un notevole interesse culturale e dunque sia degna di particolare tutela, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Segue bibliografia essenziale di riferimento
Chiesa Parrocchiale S. Carlo Borromeo e Campanile in Stolvizza
Con Decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli venezia Giulia di Trieste del03 luglio 2009, la Chiesa Parrocchiale S. Carlo Borromeo e Campanile, assieme al patrimonio storico artistico di pertinenza che ne costituisce parte complementare ed integrante , come la pala d'altare raffigurante San Valentino, San Bartolomeo e Sant'Antonio da Padova, l'affresco finito a secco, datato e firmato, nel presbiterio e raffigurante la Resurrezione di Cristo, l'arco trionfale con l'Incoronazione della Vergine e la decorazione con figure angeliche della navata centrale, le quattordici Stazioni della Via Crucis, la croce del frontone e il portale, siti in Resia, frazione Stolvizza, sono stati dichiarati di interesse culturale.
Di seguito si riporta la relazione storico artistica allegata al decreto medesimo.
RELAZIONE STORICO-ARTISTICA
Chiesa parrocchiale di San Carlo Borromeo e campanile
RESIA (UD), località Stolvizza
L'attuale chiesa dedicata a San Carlo Borromeo nella frazione di Stolvizza in Comune di Resia, è una costruzione settecentesca, successiva al 1746. In tale anno, infatti, l'edificio religioso della piccola comunità montana, fu completamente distrutto da un'alluvione che colpì il borgo di "Ves"; la nuova aula liturgica fu costruita più a sud, nel borgo di Kikej e consacrata il 6 luglio 1769, con altare maggiore dedicato a S. Carlo Borromeo ed uno in conu Epistulae dedicato a S. Antonio da Padova.
Gli anni Venti del Novecento furono contrassegnati da alcuni lavori di straordinaria manutenzione: nel 1921 si dotò la chiesa di una nuova pavimentazione; fu rimossa in tale occasione anche la vecchia balaustra e realizzata una nuova in cemento bianco; fu sopraelevato il campanile ed il lavoro fu affidato alla Dtita Giorgio Cuzzi di Gemona; fu completata la facciata con l'inserimento delle attuali quattro lesene decorative, l'ampio zoccolo e le due nicchie laterali; nel 1924 Giuseppe Barazzutti (Gemona del Friuli 1890-1940) realizzò inoltre l'affresco finito a secco, datato e firmato, nel presbiterio e raffigurante la Resurrezione di Cristo (1); fu ampliata la sacrestia.
Interventi successivi si concretarono nel dopoguerra con l'aggiunta, in particolar modo, di un corpo a sud dell'aula cultuale ed adibito a nuova sacrestia.
La chiesa (2), nella configurazione attuale, è disposta ortogonalmente rispetto all'andamento del torrente Resia sull'asse est-ovest con la parte absidale ad est. L'edificio religioso è a pianta rettangolare e presenta tre navate: la navata centrale misura m. 14 x 6 ed ha un controsoffitto doppio a quattro vele con campi affrescati; le due navate laterali (dimensioni n. 10 x 2) hanno il soffitto a volta in pietra. L'abside, (dimensioni n. 9 x 6), è caratterizzata da un soffitto a volta lunettato in pietrame, anch'esso decorato ad affresco. Il prospetto principale in stile neoclassico, presenta un impaginato lineare arricchito dalle quattro lesene che poggiano su di un ampio zoccolo, inquadrando il portale d'ingresso (3), che presenta una soprastante cornice a frontoncini curvi, e le due nicchie anch'esse profilate in pietra. La facciata termina con un ampio frontone, ornato da un rosone di forma ovale con all'interno una croce (4); al di sotto, in posizione centrale, è presente una lastra con indicato il nome di San Carlo Borromeo al quale è dedicato l'edificio di culto.
I fronti nord ed est sono caratterizzati da una volumetria semplice, simmetrica e con una modulazione regolare nella scansione delle aperture, profilate in pietra anche se attualmente, quest'ultima, è coperta da un intonaco di colore giallo che interessa tutti gli esterni dell'aula cultuale; il prospetto sud è caratterizzato da un corpo aggettante frutto di un aggiunta successiva. Parte integrante della chiesa il campanile che, nella configurazione attuale, è frutto di una sopraelevazione degli anni Venti del Novecento. I prospetti del tronco sono caratterizzati da un impianto semplice; la cella campanaria è di forma rettangolare, con aperture a forma di bifore con archi a tutto sesto; il manufatto si conclude con una cuspide. Di particolare interesse, all'interno dell'aula cultuale, la pala d'altare raffigurante San Valentino, San Bartolomeo e Sant'Antonio da Padova, firmata e datata, realizzata nel 1866 dal pittore domenico Fabris (Osoppo 1814-1901) (5); l'affresco, nell'area absidale, del pittore gemonese Giuseppe Barazzutti (Gemona del Friuli 1890-1940) raffigurante la Resurrezione di Cristo (6), eseguita nel 1924 come attesta la firma e la data apposta dall'autore. La decorazione della chiesa di Stolvizza è stata successivamente completata nel 1947 dal decoratore Domenico Forgiarini che dipinse l'arco trionfale con l'Incoronazione della Vergine e la decorazione con figure angeliche della navata centrale. Nel 1946 Forgiarini realizzò anche le quattordici Stazioni della Via Crucis.
Visto quanto sopra premesso si ritiene che la chiesa parrocchiale di San Carlo Borromeo ed il campanile a Stolvizza in Comune di Resia (UD) - assieme al patrimonio storico artistico di pertinenza che ne costituisce parte complementare ed integrante come la pala d'altare raffigurante San Valentino, San Bartolomeo e Sant'Antonio da Padova; l'affresco finito a secco, datato e firmato, nel presbiterio e raffigurante la Resurrezione di Cristo; l'arco trionfale con l'Incoronazione della Vergine e la decorazione con figure angeliche della navata centrale; le quattordici Stazioni della Via Crucis, la croce del frontone e il portale, in parte catalogato e confluito nel Sistema Informativo Regionale del Patrimonio Culturale (SIRPAC) come sopra evidenziato - rivestano un notevole interesse culturale e dunque siano degni di particolare tutela, secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
(1) L'affreso risulta catalogato e confluito nel Sistema Informativo Regionale del Patrimonio Culturale (SIRPAC) - scheda OA 29902, da cui si ricavano le seguenti considerazioni storico - critiche "Il complesso decorativo occupa il presbiterio della chiesa e comprende: nella lunetta sinistra schedata La Resurrezione di cristo; nella lunetta destra San Girolamo (?) in meditazione, sulla parete di fondo Due Angeli adoranti disposti simmetricamente a destra e sinistra, I quattro Evangelisti in oculi posti sulle vele della volta. Le decorazioni della chiesa di Stolvizza sono inedite e non compaiono negli inventari redatti dal pittore o dal nipote Silvano Crapiz. Certamente sono da porre in collegamento le opere, disegni e dipinti, eseguiti da Giusepe Barazzutti in Val Resia e scaglionati tra il 1924 e il 1930. A differenza dei soggiorni fornesi e saurani, i soggiorni in Val Resia furono più frequenti, più brevi e si svolsero prevalentemente in estate. La commissione per eseguire l'affresco fu data da una famiglia privata di Stolvizza, dove Barazzutti ambientò il dipinto "La svolta" datato al 1929 preceduto da numerosi bozzetti e disegni. L'affresco ripropone la consueta iconografia del cristo risolto dall'avello, ma interessante è soprattutto lo sfondo dove compare il paesaggio montano della Val di Resia con il paese di Stolvizza al centro e il monte Canin sulla destra. La veduta è presa dal lato opposto della valle e suggerisce uan veduta aerea e dilatata. La decorazione ad affresco rientra nell'attività di decoratore di chiese di Giuseppe Barazzutti, che aveva continuato l'attività della bottega paterna ed era considerato dal Marchetti il più abile decoratore sacro friulano, l'ultimo dei decoratori gemonese. La decorazione della chiesa di Stolvizza è stata scoperta e attribuita al Barazzutti da Franca Merluzzi e piò essere avvicinata alla decorazione del coro della Chiesa di San Giovanni al Natisone (1920-1932), dove il Barazzutti aveva dato il meglio di sè. La situazione spaziale è molto simile: tra due angeli in preghiera La crocifissione in primo piano sullo sfondo di Gerusalemme a San Giovanni, il Cristo risorgente sullo sfondo dei monti sopra Stolvizza in Val Resia. Le pennellate con le quale il pittore definisce le montagne hanno ancora una tecnica divisionista che corrisponde a quella dei bozzetti e dei dipinti di paesaggio. Degni di nota sono anche gli angeli della parete di fondo, di gusto ancor a Liberty nelle eleganti pieghe falcate delle ali, eseguiti con una sicura pennellata sensibile alla luce che emana dal monogramma di cristo. Oltre che alla parrocchiale di San Giovanni al Natisone possono essere confrontati con le Allegorie della parrocchiale di Manzano (1920-1921) e con gli Angeli che decorano la Cripta dei Caduti nella Chiesa Arcipretale di Tarcento (1927)".
(2) L'edificio risulta catalogato e confluito nel Sistema Informativo Regionale del Patrimonio Culturale (SIRPAC) - scheda A 5514.
(3) Il portale in legno intagliato e dipinto (dimensioni cm 280 x 140), assegnato a bottega friulana del XIX secolo, risulta catalogato e confluito nel Sistema Informativo Regionale del Patrimonio Culturale (SIRPAC) - cheda OA 7720; mentre la sua cornice in pietra (dimensioni cm 309 x 185, profondità cm 25), assegnato a bottega friulana del XVIII secolo, risulta schedata come OA 7718.
(4) La croce in ferro battuto - a terminazioni lanceolate e ricci opposti; sui bracci, centralmente, una coppia di motivi fascettati a quadrifoglio - risulta assegnata a bottega artigianale friulana del XIX secolo; essa è stata catalogata e confluita nel Sistema Informativo Regionale del Patrimonio Culturale (SIRPAC) - scheda BDM 5172.
(5) La pala centinata, olio su tela (altezza cm 165 x larghezza cm 100), assegnata a Giovanni Domenico Fabris detto Menone di Osoppo; risulta catalogata e confluita nel Sistema Informativo Regionale del Patrimonio culturale (SIRPAC) - scheda OA 25106.
(6) Vedi sopra, nota 1, p.1.
Segue Bibliografia essenziale di riferimento